“Sono il mio primo spettatore”

Tempo di lettura

Il suo nome è associato alla serie Mary Is on Fire (trasmessa in Italia da Canale 5) e a film come Zweisitzrakete. Ora Hans Hofer, regista e sceneggiatore venostano, debutterà con un documentario. La pellicola, la prima realizzata da Hofer in Alto Adige, attraverso spettacolari riprese di paesaggi e toccanti ritratti narra la storia della strada del Passo dello Stelvio e la sua importanza per lo sviluppo della regione. Hofer ci racconta come si sia lasciato guidare dalle sue radici.

Take

Come è nata l’idea di un documentario sulla strada del Passo dello Stelvio?

Hans Hofer

Il primo ideatore di questo progetto è stato mio padre Josef Hofer, che ha 78 anni, vive a Stelvio e ama da sempre la strada del passo. In occasione del duecentesimo anniversario del tracciato, mi ha chiesto perché non facessi un film su questa storia. L’idea di lavorare con lui coinvolgendolo come interlocutore e testimone mi è piaciuta da subito. Insomma, la sua passione mi ha contagiato!

Take

Che rapporto ha con la strada del Passo dello Stelvio?

Hans Hofer

Chi, come me, è cresciuto a Prato allo Stelvio, conosce naturalmente la zona del valico. La strada del passo da bambino mi affascinava, ma non per questo mi spingevo continuamente fino a lassù! Il tracciato di 48 tornanti è faticoso, ogni volta che lo percorro non vedo l’ora di arrivare in cima. La molla che mi ha spinto a realizzare il film è stata piuttosto la consapevolezza che oggi, a 40 anni, ho ormai vissuto più a lungo in Austria che qui, nella mia terra.   

Take

Negli anni si è rafforzato il suo legame con la terra natale?

Hans Hofer

Non mi ritengo certo un patriota. L’idea di patria, in sé, è qualcosa di bello, ma viene spesso strumentalizzata e usata a sproposito dalle persone sbagliate. L’orgoglio nazionale, poi, è quantomeno bizzarro: perché dovrei essere fiero di qualcosa che non mi appartiene in senso stretto? È un approccio che non condivido. Eppure, riflettere sulle mie origini ha fatto scattare qualcosa in me. Di qui la scelta di non impiegare una voce narrante e di dare invece al progetto un’impostazione più personale.    

Take

È lei a guidare gli spettatori attraverso il documentario?

Hans Hofer

Sì, da un certo punto di vista sono il mio primo spettatore. Per le riprese sono ritornato sulla strada del passo per la prima volta dopo anni. Gli spettatori mi seguono, e io li conduco gradualmente in una sorta di vortice in cui tutto si fonde: la storia della strada, le persone e la vita tra Stelvio e Prato allo Stelvio. 

Take

Tramite interviste a esperti ed esperte mostra la realtà della strada da diverse prospettive. Chi sono i suoi interlocutori?

Hans Hofer

I protagonisti provengono da settori diversi come turismo, arte, ma anche mondo ecclesiastico. Arthur Gfrei, ex albergatore al Passo dello Stelvio, è un grande conoscitore della strada, impegnato da sempre a raccogliere quante più informazioni possibili sulla costruzione del tracciato. Un’altra protagonista è Melanie Platzer, direttrice dell’associazione Ortler Sammlerverein – Erster Weltkrieg, che coordina la raccolta e l’archiviazione dei reperti bellici che lo scioglimento dei ghiacciai sta restituendo lungo il fronte che attraversava queste zone durante la prima guerra mondiale. La strada del passo era originariamente un tracciato miliare. Oggi, per fortuna, è solo un’attrazione turistica.

Take

Un ruolo che non manca di provocare polemiche…

Hans Hofer

Molti sono infastiditi dal traffico intenso lungo il percorso, tanto più che la strada attraversa il Parco Nazionale dello Stelvio rappresenta ormai un vero problema. Una delle questioni che il documentario affronta riguarda proprio la compatibilità tra una strada così trafficata e l’ambiente di un parco naturale.

Take

Ha condotto le interviste in prima persona. C’è stato un momento particolarmente toccante?

Hans Hofer

Tra gli interlocutori c’è anche mio padre, che come detto mi ha dato lo spunto per il documentario. Ho girato l’intervista nella stube della casa di Stelvio in cui è nato e che, proprio come la strada del passo, ha duecento anni. Gli ho chiesto di parlarmi della sua infanzia e di come si vive oggi a Stelvio, un paese messo a dura prova dallo spopolamento. Sono stati momenti molto toccanti.

Take

Un elemento essenziale del documentario è rappresentato dagli spettacolari paesaggi. Le riprese in esterno non sono sempre facili…

Hans Hofer

Girare in montagna è problematico a causa del meteo instabile. Il tempo fa spesso le bizze e ti costringe a cambiare programma all’ultimo momento. Questa è senza dubbio la sfida più grande. Poi, certo, ci sono le riprese effettuate dai droni, ma non credo che, da sole, possano dar vita a un buon film. Per questo, giriamo buona parte del materiale con la cinepresa classica. 

Take

Quali aspetti vanno considerati quando si gira in un ecosistema delicato come quello del Parco Nazionale dello Stelvio?

Hans Hofer

Innanzitutto, il rispetto per la natura. Per me e la mia troupe è questione di buonsenso. Ciascuno di noi ha sempre con sé zaino e borraccia. Dal momento che, in parte, ci muoviamo in piccoli gruppi di tre o quattro persone, il nostro impatto sull’ambiente è comunque minimo. Il discorso cambia, ovviamente, se si gira su un set con 30-40 persone.

Take

Come è stato girare per la prima volta in Alto Adige e con una troupe locale?

Hans Hofer

Quando lavoro, ho bisogno di persone con le quali mi sento a mio agio. Qui in Alto Adige è proprio così: durante le riprese l’atmosfera è molto piacevole e ci divertiamo parecchio.

Take

Pensa di realizzare altri progetti in Alto Adige in futuro?

Hans Hofer

Sì, è bello lavorare nella terra in cui sono cresciuto. È anche ipotizzabile una mia collaborazione con altri film maker locali. Il settore cinematografico altoatesino sta crescendo rapidamente, anche grazie al sostegno offerto alle produzioni, e dà grande spazio alla creatività. Vedremo cosa riserverà il futuro!

Intervista Barbara Tilli
Pubblicato il 11.12.2023

In dettaglio