Local Talents: tre domande a… Stefano Bernardi

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“Il suono nel film è un insieme di tante tracce riprodotte contemporaneamente, per me è come se fosse una composizione musicale”, dice Stefano Bernardi, sound designer bolzanino. Con TAKE ha parlato di creatività, di mentori illustri e dell’evoluzione del suo lavoro.

Take

Quando è nato il suo interesse per il suono? E come ha capito che sarebbe diventato la sua professione?

Stefano Bernardi

Mi sono avvicinato al suono attraverso la musica, poi frequentando la Zelig – Scuola di Documentario e Nuovi Media di Bolzano. Spinto dai miei compagni di studi, mi sono ritrovato a esplorare il settore del sound design. Ho iniziato a fare il fonico di presa diretta e a produrre musica, per esempio colonne sonore per i film muti. Il passo verso la post produzione e il montaggio del suono è stato un’evoluzione naturale.

Take

Il progetto che a oggi le ha dato più soddisfazione?

Stefano Bernardi

I giorni del destino, il documentario di Emanuele Marini su un clochard di Torino con problemi di alcol che mi ha molto colpito. E quel coinvolgimento emotivo è andato di pari passo con l’aspetto squisitamente tecnico del lavoro sul suono.
La fortuna, in generale, è stata quella di fare esperienze, grazie al sostegno di IDM Film Commission, anche su produzioni estere, cosa che permette di crescere come professionisti e di non restare indietro nel circuito produttivo.

Take

Qual è secondo lei il futuro del sound design?

Stefano Bernardi

Il suono è sempre più al centro della produzione dell’audiovisivo. Personalmente sono affezionato alla “vecchia scuola”, penso a Walter Murch che ha curato il sound design di Apocalypse Now diventando un pioniere di questa professione o ad Alan Splet che ha lavorato a diversi film di David Lynch. Eraserhead senza quella sonorizzazione sarebbe la metà del capolavoro che è.
Ho vissuto tutte le mutazioni tecniche del mestiere. Ricordo che per i primi film alla Zelig registravamo il suono su bobina con il Nagra, due canali audio, poi si trasferiva tutto su nastro perforato e si montava in moviola. Ma non vedo grandi rivoluzioni nel futuro. Certo l’IA può essere uno strumento utile, per esempio per la pulizia del suono, ma è auspicabile che il processo creativo resti il più possibile “artigianale” e “umano”.

I Local Talents 2025 sono filmmaker e professionisti del cinema altoatesini selezionati da IDM Film Commission, con oltre un decennio di esperienza nel settore cinematografico locale. In queste brevi interviste raccontano cosa amano del loro lavoro e del cinema.

Foto (c) Tiberio Sorvillo
Pubblicato il 21.03.2025