“Certe cose vanno chiamate col loro nome”

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Ricoprendo i ruoli di sceneggiatore, regista, produttore e attore, Antonin Svoboda è impegnato a 360 gradi nella realizzazione del film-biografia Persona non grata (coop 99 Filmproduktion, coproduttrice la Albolina Film di Bolzano). Ispirato all’ex sciatrice della nazionale austriaca Nicola Werdenigg, il film affronta abusi di potere, violenze sessuali e traumi intergenerazionalie. In visita al set di Racines, chiediamo a Svoboda di raccontarci le sfide poste dallo spinoso argomento. All’intervista si uniscono la protagonista Gerti Drassl e l’attrice Maya Unger, figlia del regista.

Take

Cinque anni fa, l’ex sciatrice tirolese Nicola Werdenigg è intervenuta nel dibattito sollevato dal movimento #metoo con un’intervista sulla violenza di genere nel mondo dello sci austriaco, destando enorme scalpore. Quando ha capito che avrebbe voluto portare questa vicenda sul grande schermo?

Antonin Svoboda

La vita a volte è strana. Ho conosciuto Nicola per caso dieci anni fa, durante il mio viaggio di nozze. Da allora, io e mia moglie siamo rimasti in contatto con lei tramite Facebook. Alcuni anni dopo Nicola perse il marito, poi nel 2017 decise di rendere pubbliche le sue esperienze di abuso. Mi sembrava giusto aspettare un anno prima di parlarne con lei, per chiederle come stesse affrontando la situazione. Ci siamo incontrati e mi ha rivelato alcuni risvolti che non conoscevo. È stato allora che la sua storia mi ha conquistato. È una di quelle storie che ti fanno percepire l’ineluttabilità del destino.

Take

In che senso?

Antonin Svoboda

Nicola si era lasciata alle spalle la vicenda da ormai venticinque anni, superando il trauma grazie a una lunga psicoterapia. Aveva avuto un matrimonio felice, figli e una vita sessuale appagante. Poi, due giorni dopo la morte del marito, ha subito molestie sessuali da parte di un vicino e questo episodio l’ha riportata indietro nel tempo. Il suo racconto mi ha messo i brividi.

Take

La storia di Nicola è in realtà la storia di un’intera famiglia. La madre Erika, anche lei campionessa di sci, si è scontrata contro lo stesso sistema…

Antonin Svoboda

È questo l’aspetto che più mi interessava. Ho scelto quindi di approfondire la trasmissione transgenerazionale del trauma, ponendolo al centro della sceneggiatura. Volevo capire i meccanismi, più o meno inconsci, dell’eredità emotiva. Mi sono chiesto che cosa passi di generazione in generazione nelle famiglie e perché ancora oggi, dopo un secolo dalla nascita della psicoanalisi, non si affronti apertamente il fenomeno.

Take

“Persona non grata” non è dunque un film incentrato sul movimento #metoo?

Antonin Svoboda

No, anche se rientra naturalmente tra gli argomenti trattati. Il film invita piuttosto a riflettere sul perché, nel corso dell’enorme dibattito in corso, si continui a parlare ancora troppo poco delle vittime. Ci si preoccupa di non mettere a rischio l’esistenza di un intero sistema, perdendo così di vista le persone che quel sistema distrugge. Le cose devono cambiare. 

Take

Devono cambiare perché le vittime che denunciano le violenze non diventino “persone non gradite”, come recita il titolo del film…

Gerti Drassl

Il mio personaggio, Andrea Weingartner, fa un’affermazione che ritengo fondamentale: “Sembra che la nostra unica preoccupazione sia proteggere i colpevoli. Non si può andare avanti così”.

Antonin Svoboda

Sì, certe cose vanno chiamate col loro nome, anche se non è facile all’interno di una sceneggiatura: non si vuole risultare didascalici ma, al contrario, suscitare emozioni, fornire più domande che risposte. Impostare il film come veicolo di informazioni è una scelta fatale. Nel nostro caso, però, è necessario essere espliciti.

Gerti Drassl

E per fortuna lo siamo stati! Ho riflettuto a lungo su un passaggio dell’intervista al quotidiano viennese Der Standard nel quale Nicola raccontava di essersi attribuita per anni la colpa dell’accaduto. Il progetto mi ha aperto gli occhi su come la nostra società continui a isolare le persone che hanno subito violenza sessuale. È come se dicessimo: queste cose non ci riguardano. Invece riguardano ognuno di noi, senza eccezione.

Antonin Svoboda

Il film vuole illustrare anche come i meccanismi di rimozione finiscano per generare ancora più problemi. E raccontare il senso di liberazione che si prova affrontando apertamente i ricordi dolorosi. Solo a questo punto la vita può prendere davvero un’altra strada. E all’improvviso tutto diventa più vario e interessante.

Maya Unger

La mia generazione beneficia già ora di questi sviluppi. La consapevolezza della violenza di genere è più forte che mai. Il movimento #metoo è stato un passaggio fondamentale. Grazie alle generazioni precedenti e al coraggio di molte donne siamo oggi in grado di riconoscere in anticipo le situazioni critiche. E sappiamo dire di no.

Gerti Drassl

Nel rapporto tra Andrea, il personaggio che interpreto, e la figlia Sara c’è una scena molto importante, nella quale Andrea rivela alla figlia le ferite subite. Lo fa in modo sincero, senza alcuna reticenza. È come se dicesse: ti mostro tutto quello che sono. Per me è un vero atto d’amore, un gesto capace di grandi trasformazioni.

Maya Unger

Sì, in quella scena si gioca finalmente a carte scoperte. Prima Sara brancolava nel buio. Perché se c’è qualcosa che non va, i figli lo intuiscono subito. Nella sceneggiatura c’è una frase per me essenziale: Se non sai di cosa hai paura, ma senti che qualcosa ti opprime, l’angoscia aumenta ancora di più.

Take

Quanto di Nicola Werdenigg ritroviamo nella figura di Andrea?

Antonin Svoboda

Nicola non voleva che il film raccontasse la sua storia. Abbiamo così creato un personaggio di finzione. Molti elementi sono ispirati alla vita di Nicola. In un film-biografia come il nostro, lo spettatore può immaginare le tessere mancanti: il movimento #metoo, la Federazione sciistica austriaca ÖSV, l’atteggiamento dei media. Ma non è un film biografico. Inoltre, la nostra protagonista Andrea si trova in uno stato d’animo molto diverso da quello di Nicola Werdenigg, che ha gestito con disinvoltura il rapporto con i media proprio perché aveva già superato il trauma grazie a lunghi anni di terapia. All’epoca dei fatti, Nicola non sarebbe mai stata in grado di reggere l’enorme pressione mediatica. 

Take

Andrea è quindi “più vittima” di Nicola?

Antonin Svoboda

La finzione cinematografica ha bisogno di momenti drammatici. Ha bisogno di tensione, di opposizione, di un pro e di un contro. Ci deve essere insomma uno sviluppo. Raccontare una storia a senso unico non è sufficiente. Nicola ha letto tutte le versioni della sceneggiatura e ci ha chiesto di eliminare alcuni passaggi che riteneva troppo personali.

Take

Nonostante l’adattamento sussiste comunque una responsabilità nei suoi confronti…

Antonin Svoboda

Certo, e mi sento responsabile anche nei confronti di tutti gli atleti, le atlete e i membri della Federazione austriaca di sci. Non è mia intenzione gettare fango su cose o persone, ma guardare al futuro, stimolare il cambiamento. La vera sfida consiste nel costruire il film in modo tale da lasciare la porta aperta al confronto. Vogliamo fare entrare il cavallo di Troia nella fortezza tirolese, che è notoriamente molto robusta.

Take

Come ha reagito la Federazione alla notizia del vostro progetto?

Antonin Svoboda

All’inizio con una certa cautela, poi però ha acconsentito all’utilizzo del logo all’interno del film. Penso che per la ÖSV sia stato difficile valutare l’impatto che il progetto avrebbe avuto sull’associazione. Del resto, neanche noi possiamo prevedere il futuro. Non sappiamo come il film verrà accolto e commentato.

Gerti Drassl

Sarebbe fantastico se, come spero, il film susciterà le reazioni più disparate. Se ognuno interpreterà a modo suo gli elementi che abbiamo inserito nella storia.

Take

Avete effettuato dodici giorni di riprese qui a Racines. Perché avete preferito l’Alto Adige al Tirolo? Nicola Werdenigg è originaria di Mayerhofen, nel Tirolo austriaco…

Antonin Svoboda

Volevamo girare anche in Tirolo, ma là evidentemente il nostro film non era visto di buon occhio. Così ho scelto per la prima volta l’Alto Adige, dove abbiamo trovato grande disponibilità e interesse a sostenere produzioni cinematografiche di qualità.

Take

Oggi spopola Netflix. È difficile realizzare pellicole impegnative di questi tempi?

Antonin Svoboda

Il cinema d’autore resiste. È ovvio però che i servizi di streaming e altri fornitori privati puntano a dominare il mercato e non sono particolarmente interessati a inserire in programma film d’autore che fanno meno audience. Se vogliamo continuare a fare cultura, e per cultura intendo film socialmente impegnati, abbiamo bisogno di forme di sostegno che non incentivino solo gli incassi e le mode del momento. Oggi, alla luce dell’aumento dei budget causato da pandemia e inflazione, questo sostegno è più necessario che mai.

Take

In questo progetto lei è sceneggiatore, regista, produttore e attore. È la norma per lei?

Antonin Svoboda

(ride) Oh sì, è il mio programma pomeridiano, la mattina invece faccio il pilota di Formula 1! Scherzi a parte, in questa produzione rivesto più ruoli, ma non mi capita certo così spesso. Il fatto è che, da quando Nicola mi ha “regalato” la sua storia, mi sono dedicato anima e corpo al progetto. In più tenevo particolarmente a recitare insieme a mia figlia Maya. Se poi, come nel mio caso, si percepisce l’urgenza della tematica, è naturale lasciarsi coinvolgere completamente.

Take
Testo Susanne Pitro
Foto (c) coop 99 Filmproduktion
Pubblicato il 21.02.2023

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