“In questo film ho messo in gioco molte emozioni”

Tempo di lettura
Il regista Lukas Ladner ci parla del suo documentario Eva-Maria, della complessità del desiderio di avere un figlio e dell’immagine cinematografica delle persone con disabilità.


Lukas Ladner, oltre a essere regista, è l’assistente personale di Eva-Maria Proßegger, una giovane con disabilità. Quando la donna decide di diventare madre, Ladner progetta un film per raccontarne la storia. Nasce così il documentario Eva-Maria, che accompagna e ritrae la protagonista lungo le tappe del suo percorso, dal desiderio di maternità fino alla nascita del figlio e alla nuova vita come mamma. Abbiamo incontrato il regista, che nell’intervista ci offre uno squarcio sul rapporto, intimo e ricco di sfaccettature, che lo unisce a Eva-Maria, decisivo nel processo di realizzazione del film. Ladner ci parla delle potenzialità e dei limiti del documentario, della ricerca di un linguaggio filmico capace di rappresentare anche le forme di discriminazione più sottili e del tentativo di trasmettere un’immagine non stereotipata delle persone con disabilità.

Take

Come è nata l’idea di girare un film sul desiderio di maternità di una donna con disabilità fisica?

Lukas Ladner

Il tema che desideravo trattare è in realtà l’immagine cinematografica delle persone con disabilità. Nella fase iniziale del progetto Eva-Maria e io abbiamo visto diversi film dedicati a questa tematica, confrontandoci in particolare sulla rappresentazione dei protagonisti. A colpirci è stato il ruolo dominante della disabilità, non solo per la sua forte presenza visiva, ma anche in quanto conflitto centrale intorno al quale si snoda l’intera narrazione. Dopo avere visto più pellicole di questo tipo, ci si chiede perché nessuna di esse metta in scena una semplice storia d’amore o racconti di protagonisti che rapinano una banca, insomma perché alle persone con disabilità siano apparentemente preclusi i ruoli più comuni nel mondo della finzione. Progettavo già da tempo un cortometraggio con un cast composto da persone con disabilità, ma non esplicitamente dedicato al tema della disabilità. Poi è arrivato il desiderio di gravidanza di Eva-Maria: lei ha voluto preparare sia me sia gli altri assistenti personali a questo importante passo, offrendomi un’ottima occasione per esplorare le tematiche che avevamo discusso insieme.

Take

L’immagine convenzionale, o proprio l’assenza, di persone con disabilità sugli schermi cinematografici sollevano una questione: qual è la forma di rappresentazione più adeguata?

Lukas Ladner

Uno dei primi problemi che mi sono posto è stato proprio quello della raffigurazione formale. La regola più importante che mi sono dato era di non presentare la disabilità in quanto tale, guardando sempre alla persona nella sua totalità. Non mostro mai la sedia a rotelle o gli altri presidi medici da soli, ma preferisco soffermarmi sulla mia interlocutrice, riprendendo Eva-Maria per quanto possibile ad altezza occhi e non da un punto sopraelevato. Ho voluto elidere gli aspetti della disabilità che generalmente incuriosiscono gli estranei. Quando ho iniziato a progettare il film lavoravo per Eva-Maria da circa nove mesi. Questo mi ha aiutato a percepire la sua disabilità come qualcosa di quotidiano e normale.

Take
Take

Il suo rapporto ricco e complesso con la protagonista è di fondamentale importanza per il film. Che cosa ha significato per lei essere al tempo stesso assistente personale e regista?

Lukas Ladner

A livello generale, il film è alimentato dalla mia presenza continua, nel ruolo di assistente, al fianco di Eva-Maria. Questa circostanza mi ha permesso di documentare il suo percorso passo dopo passo anziché ricostruirlo a posteriori. Una scelta di questo tipo comporta, dall’altro lato, la sovrapposizione tra film e vita privata. Mi è capitato spesso di attendere con ansia l’istante giusto, da cogliere al volo. A livello personale, il progetto è stato una prova di multitasking che mi ha visto passare continuamente da un ruolo all’altro. Durante le riprese ho sperimentato molto, visionando più volte il materiale per capire e migliorare.

Take

Pensa che il film abbia beneficiato della sua vicinanza a Eva-Maria e dello stretto rapporto che si è instaurato tra di voi?

Lukas Ladner

Senza dubbio. Proprio per questo all’inizio ho voluto girare tutto da solo. Il film tocca temi molto personali. Ci tenevo quindi a creare un clima di vicinanza e fiducia, che ci permettesse di scoprire insieme fino a che punto volevamo spingerci e di capire come gestire la cinepresa con discrezione senza rinunciare a nulla. C’erano molte emozioni in gioco. È davvero difficile trovare l’approccio più adatto a restituire questa intimità.

Take

Il film tocca cronologicamente tutte le tappe del desiderio di maternità di Eva-Maria, fino all’anno e mezzo del figlio. Un tema molto presente è la questione se sia opportuno o meno, oggi, mettere al mondo un figlio. Lei è accompagnata da un grande idealismo che forse, a posteriori, non è più presente allo stesso modo. Aveva l’idea di fondo che Eva-Maria potesse fungere da modello?

Lukas Ladner

Era naturalmente nostra intenzione proporre un modello positivo, ma senza conferire alla figura di Eva-Maria un carattere esemplare. L’obiettivo era piuttosto quello di condensare in un’unica narrazione tematiche quali la maternità, la famiglia e l’infanzia, comunicando una visione chiara rispetto alla quale lo spettatore può prendere posizione, favorevole o contraria, come desidera. Ci tenevo a presentare il pensiero di Eva-Maria, a fare capire perché il desiderio di maternità fosse per lei così importante. Molti nostri coetanei si chiedono se vogliano o se possano permettersi di mettere al mondo dei figli. Eva-Maria invece non ha alcun dubbio, sa che vuole diventare madre. In questo va controcorrente rispetto alla nostra generazione, un aspetto che trovo molto interessante.

Take

Avete iniziato a girare quando il desiderio di gravidanza era già molto forte. Come si è arrivati alla decisione di non concludere il film con la nascita del bambino, documentando invece anche la prima fase della maternità?

Lukas Ladner

Ci è sembrato importante raccontare che cosa significhi, per una madre con disabilità, crescere un bambino. All’inizio si tratta di una realtà puramente ipotetica, che nessuno riesce davvero a immaginare. A dominare sono pregiudizi e aspettative di vario tipo. Il film ha beneficiato enormemente della naturalezza con la quale Eva-Maria riesce a gestire da sola il bambino. È stato il miglior finale possibile.

Take

Il nome Eva-Maria, che dà il titolo al film, evoca figure della religione cattolica. Il film, a sua volta, illustra il percorso di emancipazione di una ragazza intelligente dall’incrollabile ottimismo, ma lascia anche trasparire in modo sottile il peso di convenzioni sociali e meccanismi di discriminazione che si perpetuano di generazione in generazione.

Lukas Ladner

Il film vuole trasmettere un messaggio di emancipazione, ma senza essere propagandistico, rappresentando le complessità della vita. L’ottimismo di Eva-Maria è davvero stupefacente. Neanche le discriminazioni riescono a intaccarlo. Nel film avevamo inserito alcuni dettagli che poi abbiamo deciso di eliminare, perché nessuno riusciva a identificarli effettivamente come discriminatori: dall’esterno certi problemi spesso non appaiono come tali. Sapevo che Eva-Maria non è affatto cresciuta in una bolla di privilegio e che ha dovuto affrontare discriminazioni e difficoltà strutturali. Non è stato affatto semplice catturare questo aspetto.

Take

In questo processo le è mai successo di cercare il sensazionalismo?

Lukas Ladner

È uno degli aspetti più difficili del documentario. Si spera ogni giorno di assistere alla fine del mondo e poterla riprendere. La questione di fondo è, però, di tipo etico: fino a che punto voglio indagare questi momenti, quanto voglio approfondire e quanto sono disposto a pretendere dai miei protagonisti? La risposta a queste domande è diversa da progetto a progetto e da persona a persona. Ho sempre indagato con cautela ma quando mi è capitato di avere la sensazione di essere davanti ad una barriera o di aver toccato un tema di cui la persona che avevo davanti non voleva parlare, l’ho sempre accettato.

Take
Take

Le scene del film sono incorniciate dai paesaggi montani idillici e ricchi di tradizione del Tirolo, un orizzonte che a molti può apparire angusto, ma che nella vita di Eva-Maria è sinonimo di libertà. Con il film ha voluto conferire nuovi significati a questi paesaggi?

Lukas Ladner

Due sono i motivi della mia scelta. Innanzitutto, volevo che il contesto avesse sempre un legame con la persona di Eva-Maria, ho tentato di ripercorrere i suoi itinerari. Nel film, per esempio, non compare mai il bel centro storico di Innsbruck, perché è un luogo che lei non frequenta. Dall’altro lato è vero che io, cresciuto in Tirolo, a lungo non ho saputo come accostarmi al paesaggio alpino. Le nostre montagne sono esteticamente “addomesticate” per conformarle alle esigenze del turismo, e ho sempre provato rifiuto nei loro confronti. Quando, dopo gli studi, ho fatto ritorno a Innsbruck, ho iniziato ad affrontarle in modo diverso, tentando di conferire loro nuovi significati.

Take

Dal suo confronto con Eva-Maria sono nate idee per nuovi progetti?

Lukas Ladner

Del mio lavoro come assistente personale mi ha sempre affascinato l’intimità fisica che in determinate professioni va inevitabilmente condivisa e che le persone coinvolte percepiscono in modo diverso rispetto a chi osserva dall’esterno. Il delicato rapporto tra vicinanza fisica e distanza emotiva, tra la propria persona e l’assistito o il paziente, si trova in un equilibrio precario tra due estremi opposti. Questo sarà il tema del mio prossimo documentario. un ritratto dei lavoratori di questo settore, nel quale approfondirò il tema dell’intimità.

Take

LUKAS LADNER, nato nel 1991 a Innsbruck, ha studiato regia televisiva e cinematografica alla Filmuniversität Babelsberg KONRAD WOLF, diplomandosi nel 2017 con il cortometraggio Treibgut. Il suo primo documentario lungo Eva-Maria è stato presentato al DOK.fest di Monaco di Baviera e si è aggiudicato nel 2021 il premio del festival Diagonale di Graz per la miglior opera prima. Lukas Ladner lavora attualmente al suo prossimo documentario, un ritratto di lavoratori incentrato sul tema dell’intimità, che realizzerà con il sostegno ai giovani talenti del Ministero austriaco della Cultura (BMKÖS).

Testo Doris Posch
Foto Andreas Jakwerth
Pubblicato il 14.01.2022

In dettaglio